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Pagaiando lungo il fiume Coghinas


Valeria Margherita Mosca, antropologa culturale e Ambassador Montura, ha intrapreso un viaggio in canoa lungo il fiume Coghinas, scoprendo il delicato equilibrio tra biodiversità e trasformazione che caratterizza questo paesaggio sardo.

Pagaiando il fiume Coghinas tra biodiversità e trasformazione


Mi chiamo Valeria Margherita Mosca e sono un’antropologa specializzata in etnobotanica, wild life conservation e partnership studies. Un‘antropologa con le mie specializzazioni è innanzitutto una conoscitrice degli ecosistemi, un'osservatrice attenta e agisce con rispetto ed etica negli ambienti naturali. Il mio lavoro mi ha insegnato ad affinare la capacità di leggere la salute di un ambiente naturale, percepirne l’energia e comprenderne i bisogni. È così che, di recente, ho scelto di percorrere ed esplorare il fiume Coghinas in canoa, uno dei corsi d’acqua più importanti della Sardegna, non solo per estensione e portata, ma anche per le complesse dinamiche ecologiche che lo caratterizzano.


Geografia e idrologia del Coghinas


Il Coghinas, con i suoi 115 km di lunghezza, è il terzo fiume della Sardegna. Nasce nella regione del Goceano, tra i rilievi granitici di Buddusò, scorre verso nord-est attraversando la Gallura e l’Anglona, per poi sfociare nel Golfo dell’Asinara presso Valledoria. Il suo bacino idrografico è ampio e variegato: comprende aree montane, collinari e pianeggianti, con una superficie di circa 2.700 km². Lungo il suo corso incontra due importanti invasi artificiali, tra cui la diga di Muzzone, che hanno modificato profondamente il regime idrico del fiume, rendendolo in parte regolato. Il tratto terminale, che forma una vasta area umida costiera, rappresenta uno degli ecosistemi più rilevanti della Sardegna settentrionale, riconosciuto come zona Ramsar per l’importanza internazionale nella tutela degli habitat umidi.

«Storicamente il Coghinas ha avuto un ruolo fondamentale per le comunità locali.

In epoca antica era fonte primaria di sostentamento grazie alla pesca e alle coltivazioni nelle valli alluvionali. »

Ecosistemi e biodiversità


Dal punto di vista ecologico, il Coghinas ospita un mosaico di habitat che spaziano dai boschi ripariali agli stagni salmastri. I tratti superiori del corso sono caratterizzati da sponde coperte da pioppi, salici e ontani neri, mentre nei tratti medi e inferiori predominano i canneti e i carici. Il fiume è un corridoio ecologico essenziale per l’avifauna. Sono state censite oltre 180 specie di uccelli, tra cui fenicotteri rosa, aironi cenerini, martin pescatore e cavalieri d’Italia. Questo lo rende un punto nodale delle rotte migratorie euro-africane.
Sul piano floristico, oltre alla vegetazione spontanea mediterranea, si rileva la presenza di diverse specie aliene, alcune delle quali invasive. Queste ultime, sebbene problematiche per gli equilibri ecologici, possono diventare risorsa attraverso pratiche di foraging conservativo.

Uomo e fiume: un rapporto in trasformazione


Storicamente il Coghinas ha avuto un ruolo fondamentale per le comunità locali. In epoca antica era fonte primaria di sostentamento grazie alla pesca e alle coltivazioni nelle valli alluvionali. Nel Medioevo e fino al XIX secolo le zone paludose circostanti erano viste come malsane e pericolose a causa della malaria, ma fornivano al tempo stesso materiali e risorse per la vita quotidiana. Il XX secolo ha segnato una svolta con le bonifiche, la costruzione delle dighe e lo sviluppo turistico. Queste opere hanno ridotto le esondazioni e reso l’acqua disponibile per irrigazione ed energia, ma hanno alterato la naturale dinamica fluviale, riducendo la biodiversità e modificando gli equilibri del delta e delle lagune costiere.

«Per vivere davvero il fiume ho scelto di percorrerlo in canoa.»

Il Coghinas in canoa: sicurezza e percezione


Per vivere davvero il fiume ho scelto di percorrerlo in canoa. Questa disciplina, oltre ad avvicinare all’acqua in modo rispettoso e silenzioso, consente di osservare da vicino dettagli che sfuggono a chi resta sulla riva. Pagaiando lungo il fiume si percepiscono le correnti, i mutamenti della vegetazione, le zone dove la biodiversità è più ricca. Tuttavia, la navigazione in fiume richiede attenzione: è fondamentale conoscere il tratto da percorrere e monitorare le condizioni meteorologiche, poiché un improvviso aumento di portata o un temporale possono trasformare rapidamente le condizioni di sicurezza. Durante il mio percorso il tempo è cambiato due volte: inizialmente il cielo era cupo e la pioggia cadeva leggera, rendendo il paesaggio introspettivo e quasi malinconico. Poi, verso sera, le nuvole si sono dissolte lasciando spazio a una luce di tramonto dorata che ha trasformato il fiume in uno specchio vivo, con riflessi cangianti e alberi che brillavano come fiamme vegetali.

Specie invasive e usi potenziali


Il Coghinas ospita diverse specie aliene invasive, la cui diffusione ha inciso sull’equilibrio ecologico del fiume e delle zone umide circostanti. Il giacinto d’acqua, Eichhornia crassipes, originario del Sud America, tende a formare densi tappeti galleggianti che soffocano la fauna ittica e riducono l’ossigeno disciolto. Pur essendo una minaccia, in alcune parti del mondo viene utilizzato come biomassa energetica o compost. Altrettanto diffusa è la canna comune, Arundo donax, introdotta in epoca antica e oggi estremamente invasiva: sostituisce i canneti autoctoni e altera le dinamiche idriche. Eppure i suoi giovani germogli sono commestibili, mentre i culmi possono essere impiegati in edilizia leggera, coperture e persino nella costruzione di strumenti musicali. Nelle aree più aride, e spesso anche lungo le sponde, prospera il fico d’India, Opuntia ficus-indica. Oggi è percepito come parte integrante del paesaggio sardo, ma resta pur sempre una specie originaria del Messico. I suoi frutti sono un alimento prezioso, le pale giovani possono essere cucinate come verdura e dai semi si ricava un olio nutriente e ricercato. Infine, si incontra anche la robinia, Robinia pseudoacacia, introdotta dall’America settentrionale. Colonizza rapidamente gli spazi liberi alterando i boschi ripariali. Anche qui, però, la natura offre una compensazione: i suoi fiori sono profumati e commestibili, ottimi in infusi o frittelle, e il suo legno, molto resistente, trova impiego in falegnameria e costruzioni. Queste specie, se raccolte con consapevolezza, diventano esempio di come il foraging conservativo possa contribuire al contenimento di popolazioni dannose e allo stesso tempo trasformarle in risorsa.

«Il fiume c’è ancora per noi, ma noi non ci siamo più per lui»

L’incontro con Giovanni, pescatore del Coghinas


Durante una sosta ho incontrato Giovanni, pescatore locale. Le sue mani, segnate dalle reti e dal tempo, raccontavano già la sua storia. Mi ha parlato del Coghinas di un tempo, quando la pesca era abbondante e le famiglie vivevano in simbiosi con il fiume. Mi ha raccontato dei bambini che imparavano a nuotare tra i canneti, delle sere trascorse a remare fino alla foce, della percezione del fiume come compagno di vita. Con malinconia, ha descritto l’oggi: pesci autoctoni in diminuzione, giovani più distanti, ecosistema frammentato da specie invasive e inquinamento. “Il fiume c’è ancora per noi, ma noi non ci siamo più per lui”, mi ha detto, con una semplicità disarmante. Una frase che racchiude il senso di disconnessione contemporanea tra uomo e natura.


Il fiume Coghinas è al tempo stesso risorsa vitale e ecosistema fragile. La sua bellezza paesaggistica, che incanta chi lo percorre in silenzio, nasconde dinamiche ecologiche complesse, spesso compromesse dall’intervento umano e dalla diffusione di specie aliene. Come etnobotanica, credo che il foraging conservativo possa essere una delle tante risposte concrete: raccogliere le specie invasive, trasformarle in cibo o materiali utili, e ridurne così l’impatto sugli habitat. Un gesto semplice, ma capace di ristabilire una forma di alleanza tra uomo e fiume. Il Coghinas, con la sua generosità e le sue fragilità, ci ricorda che la natura non è mai soltanto scenario da ammirare ma è un organismo vivo che richiede relazione, cura e rispetto.

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Alessandro Beber

C'era una volta ad Est

Alessandro Beber e un gruppo di amici dalle Dolomiti si spostano a est, per scoprire le leggendarie torri di arenaria della Repubblica Ceca, dove l’arrampicata ha sviluppato una propria tradizione da oltre un secolo, tanto severa quanto affascinante!

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